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Marco Messina: la Musica come anelito di speranza

Marco Messina al Pomigliano Jazz

Musicista, produttore e sound designer, Marco Messina è il cofondatore dei 99 Posse, nota band raggamuffin rap napoletana messasi in evidenza per le tematiche sociali e politiche trattate nei suoi brani. Sabato 29 luglio, per la XXII edizione del Pomigliano Jazz In Campania, Messina si esibirà con un singolare trio completato da Loredana Antonelli (live visual), Sacha Ricci (synth e Fender Rhodes), a cui si aggiunge, in qualità di ospite, l’autorevole giornalista, scrittore e poeta Gianni Valentino che reciterà alcuni testi.

Negli anni ’90, durante le occupazioni delle università e del centro sociale “Officina 99”, hai fondato insieme a Luca Persico e Massimo Jovine i “99 Posse”. Che genere di messaggio sociale e politico hai voluto trasmettere attraverso questo gruppo?

Occupandoci di attività politica, notavamo che quando distribuivamo i volantini per la strada, la gente si limitava a leggere solo titolo e firma e poi gettava il volantino. Cercavamo di comunicare le nostre battaglie, i progetti, le nostre speranze, in un modo più efficace, più moderno, diretto. Dunque, ritenemmo opportuno di farlo attraverso la musica. Inizialmente “99 Posse” era un volantino cantato dell’area politica di “Officina 99”. Successivamente abbiamo iniziato a suonare anche fuori dalla Campania, ma in un primo momento non avevamo in mente di realizzare dischi o di programmare tour, bensì ci consideravamo solamente il volantino moderno di “Officina 99”.

Nel 1994 avete conquistato la Targa Tenco per la “Miglior opera in dialetto” con “Curre Curre guagliò”, mentre nel 2000 per “La vide que vendrà”. Quali sono i temi trattati in questi due lavori?

“Curre curre guagliò”, album canzonatorio e pieno di ironia, parlava della nostra esperienza all’interno di “Officina”, dell’occupazione e dei nostri desideri. Erano un brano di ventenni, che si affacciavano al mondo pieni di speranza, di voglia di fare. “La vide que vendrà” è un disco molto più maturo, poiché oramai avevamo 30 anni, ma riponevamo ancora tante speranze che abbiamo tuttora, però iniziammo a notare anche una serie di contraddizioni e problematiche che da trentenni rilevavamo maggiormente. A 20 anni pensi di avere più tempo davanti a te e che nulla può fermarti. Con dieci anni in più ti rendi conto che non è esattamente così.

Nel 2002, insieme a Maria Di Donna, in arte Meg, hai composto una colonna sonora per l’adattamento visionario de “La Tempesta” di William Shakespeare, ad opera del regista Giancarlo Cauteruccio, portata in scena dal suo gruppo “Krypton”. Qual è la genesi di questa collaborazione?

“La Tempesta” di Shakespeare è stata la prima di una lunga serie di colonne sonore che ho realizzato. Cauteruccio ci contattò chiedendoci di collaborare con la sua compagnia “Krypton”. Eravamo un po’ spaventati, visto che non avevamo mai composto una colonna sonora sino a quel momento che, per giunta, conteneva un testo molto importante di un autore del calibro di Shakespeare. Decidemmo, comunque, di affrontare quella sfida che, a dir la verità, credo fu affrontata bene. L’aspetto di quel progetto che ricordo ancora con grande piacere è legato alla traduzione italiana de “La Tempesta”. Infatti, notammo che alcuni versi erano perfettamente cantabili. Da lì è nata la mia passione per le colonne sonore che prosegue tutt’oggi. Scriverle non è solo una parte importante della mia attività professionale, ma una delle cose che amo fare di più.

Nel 2009, a quattro mani con Massimiliano Sacchi, hai scritto la colonna sonora de “La Bocca del Lupo”, un documentario di Pietro Marcello prodotto dalla “Indigo Film” e vincitore di svariati premi, tra cui il “David di Donatello” come miglior documentario  ed il “Torino Film Festival” come migliore film. Qual è stata la maggiore fonte d’ispirazione che ti ha illuminato per questa composizione?

La bravura di Pietro e l’umanità dei due personaggi del documentario: Enzo e Mary. Loro erano delle splendide persone, purtroppo scomparse, con una meravigliosa storia umana e d’amore da raccontare. Questa è una delle esperienze più belle che abbia mai vissuto. Sono molto contento, perché faccio un lavoro che mi permette di scegliere, in quanto se qualcosa non mi convince posso rifiutare. Ritornando all’opera di Pietro Marcello, posso dire che è stata una folgorazione, perché lui riesce a descrivere in modo poetico e magico le esperienze di vita. Inoltre, ha una maniera di trattare temi politici alla quale io non ero abituato. Tutto ciò mi ha piacevolmente sconvolto.

Durante il tuo percorso musicale hai incontrato una miriade di artisti blasonati a livello internazionale, tra cui, uno su tutti, il compianto Pino Daniele. Come hai vissuto la collaborazione con uno fra i più rappresentativi musicisti e cantautori italiani degli ultimi 40 anni?

Tra i tanti ricordi di Pino, ne ho uno meraviglioso. Ricordo che quando andammo con i “99 Posse” a Roma per il concerto del 1° maggio, arrivammo come nostro solito con un’ora di ritardo, perché siamo una band di scombinati. Tra di noi commentammo la pessima figura che avremmo fatto con Pino Daniele a causa del grosso ritardo. Appena arrivati a destinazione, trovammo un ragazzo che ci aspettava per aiutarci a scaricare gli strumenti, pensando che fosse qualcuno che lavorasse per Pino. Quando ci accorgemmo che era suo figlio, lo apprezzammo molto. Solitamente i figli dei personaggi famosi o di chi è benestante è gente abituata a non fare nulla, a vivere con  i soldi dei genitori e a non sporcarsi mai le mani. A quel punto pensai che solo una grande persona avrebbe potuto educare il proprio figlio all’umiltà e alla cultura del lavoro. Quindi, Pino era anzitutto un grande uomo prima di essere un grande artista e ne ebbi la conferma conoscendolo meglio. Non potrò mai dimenticare che quando lui decise di suonare con noi a Roma nacquero alcuni problemi, perché gli organizzatori non volevano la nostra presenza, in quanto al concerto dell’anno precedente criticammo sul palco il governo Berlusconi, ma l’organizzazione vietava di parlare di politica. Pino Daniele, in nostra presenza, disse che lui, in quell’occasione, era il chitarrista dei “99 Posse”. Pertanto, se non gradivano il nostro gruppo, non ci sarebbe stato neanche il chitarrista. Ho avuto la fortuna di lavorare con artisti straordinari, ma quando scopri che una persona che ti ha regalato della grande musica è anche un uomo favoloso, disponibile, umile, è ovvio che si sia doppiamente felici.

Sabato 29 luglio, in occasione della ventiduesima edizione del “Pomigliano Jazz In Campania”, condividerai il palco con Loredana Antonelli (live visual), Sacha Ricci (synth e Fender Rhodes) e con il prestigioso ospite Gianni Valentino, giornalista, scrittore e poeta. Quali saranno gli elementi caratterizzanti di questa performance?

La mia elettronica, le note electro-jazz di Sacha Ricci, le immagini di Loredana Antonelli e le parole di Gianni Valentino. Noi ci auguriamo che il pubblico possa apprezzare la fusione di tutti questi elementi.

Intervista a cura di Stefano Dentice – Sound Contest – Musica e altri linguaggi

ANTONELLI – MESSINA – RICCI live set feat. Gianni Valentino
Sabato 29 luglio 2017, ore 21:00
Parco delle Acque di Pomigliano D’Arco (NA)
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