Locus Mood, intervista a Mirko Signorile
Il pianoforte di Mirko Signorile, l’elettronica di Marco Messina e un quartetto d’archi daranno vita nella splendida cornice di Villa Cappelli di Pollena Trocchia ad un concerto di straordinaria intensità. Ad accrescere la forza evocativa della musica, le immagini “mixate” da un VJ.
Ci racconti come nasce il progetto Locus Mood? Qual è l’idea di fondo? Unire più mondi musicali?
Era da tempo che io e Marco Messina sentivamo il bisogno artistico di lavorare su un progetto live. Da molto ci dicevamo che sarebbe stato bello strutturare qualcosa che ci avrebbe permesso, pur muovendoci su un terreno conosciuto, di cercare qualcosa di nuovo, e quindi di sorprendente.
Quando ne abbiamo parlato con la direzione artistica del Locus Festival, abbiamo trovato subito un interesse ed un bellissimo entusiasmo.
L’idea che il jazz e l’elettronica si incontrassero, però, non bastavano ad accendere il fuoco della creatività. Quello di cui c’era bisogno era un elemento classico. E quindi è stato naturale coinvolgere il Vertere String Quartet, un mio antico amore.
Il progetto l’abbiamo voluto dedicare proprio al Locus Festival, perché è un festival che rispecchia l’idea di una musica che va oltre i confini di genere e che in questo senso vuole sentirsi libera.
Cosa ha aggiunto il Vertere String Quartet?
Il Vertere String Quartet da anni collabora con jazzisti famosi come Girotto e Tamburini. Anche loro spaziano molto nelle scelte musicali e poi sono anche degli improvvisatori. Infatti nel brano Incubo del Locus Mood c’è un solo di violino ed uno di viola.
Hanno un bellissimo suono d’insieme e riescono a leggere nelle partiture molto più di quanto è scritto.
Come si articola il repertorio? E le immagini sono funzionali alla musica?
Il repertorio del Locus Mood è fatto di brani nati per l’occasione. Le basi sono state realizzate interamente da Marco, mentre le parti di pianoforte e di archi sono state scritte da me.
Abbiamo realizzato gran parte del disco che uscirà all’inizio dell’anno prossimo, in studio, durante le prove per il nostro primo concerto tenuto lo scorso anno. Ogni brano ha un suo proprio carattere e una sua forza evocativa.
Questo è il motivo per il quale ci piace associare la nostra musica alle immagini. Da questo punto di vista siamo molto aperti a incontri con Vj che hanno voglia di costruire qualcosa con noi.
Con BaseNeutra è stata una session improvvisata sullo stage durante il live; per i prossimi live stiamo pensando a delle immagini costruite ad hoc.
Con Marco Messina avevi già collaborato per gli altri tuoi dischi. Come vi siete conosciuti? Quanto è importante la sua “elettronica” per le tue composizioni?
Per fare un passo indietro… io e Marco ci siamo conosciuti nel 2007 a Napoli. Fu la cantante Barbara De Dominicis a metterci insieme per la prima volta sul palco della Galleria Toledo per un concerto completamente improvvisato.
Fu un colpo di fulmine, soprattutto una delle cose più incredibili fatte fino ad allora per me. Marco, oltre a suonare parti già reimpostate, è anche un musicista live. In quella occasione, filtrava con il suo mixer il suono del mio fender rhodes e lo elaborava in tempo reale.
E’ come suonare con uno strumentista. Mi piacciono molto i suoni che usa, il modo con il quale concepisce i delay. Sembra tutto molto analogico e caldo. Con lui ho realizzato anche la colonna sonora del film di Pietro Marcello il passaggio della linea, oltre che il creative mix di Clessidra.
Clessidra, pubblicato da Emarcy/Universal nel 2009 e che tanti consensi ha riscosso. In quel disco ti abbiamo ascoltato mischiare generi diversi con uno stile unico e personale. Infatti suoni jazz, rock ed elettronica fino addirittura a degli inserti house…
A Clessidra ho lavorato per tanto tempo ed è il mio primo disco in cui il jazz non la fa da padrone. E’ stato un modo per rompere i confini e per mettere insieme tutti i miei amori musicali.
Per questo si è resa necessaria un’attenzione maniacale agli arrangiamenti. Ma questa è l’unica strada, secondo me, per ampliare la propria creatività.
Magnolia, del 2012, ne è la naturale evoluzione. E non solo per il fatto che hai mantenuto la stessa formazione.
Magnolia e Clessidra hanno diversi punti in comune. Il fatto che la formazione sia rimasta la stessa mi ha aiutato a sviluppare ancora meglio il sound. Magnolia, pero’, rispetto al precedente, è più solare, meno intimista.
Ancora diversa è l’esperienza del Synerjazz Trio. Qui la musica scorre fluida, immediata e aggregante. Per nulla cerebrale, pone al centro di tutto l’improvvisazione.
Proprio cosi’. Io, Giorgio Vendola e Vincenzo Bardaro siamo sullo stesso piano sonoro, tutti concentrati sul flusso improvvisativo.
Tutto ruota attorno all’ascolto in tempo reale e all’interplay. Clessidra e Magnolia invece sono molto strutturati. L’idea musicale e’ ben chiara ancor prima di salire sul palco.
E che mi dici invece delle produzioni di musica yiddish? Come ti sei avvicinato a questo genere?
Tutto è nato casualmente dall’incontro con Giovanna Carone a Bari. Con lei, cantante barocca, mi sono innamorato dell’yiddish, attratto principalmente dalla sua musicalità. E’ nato il desiderio di riportare alla luce questa lingua, che la Shoah aveva nascosto.
Poi ho cominciato a comporre pezzi originali su testi moderni di Marisa Romano, docente di lingua yiddish all’Universita’ di Bari. In realtà, però, non abbiamo mai avuto un approccio filologico, ma abbiamo affrontato il repertorio in maniera molto libera.
Intervista a cura di Diego Librando – Sound Contest
Locus Mood
Mirko Signorile, Marco Messina, Vertere String Quartet
martedì 15 luglio 2014, ore 19
Villa Cappelli – Pollena Trocchia (NA)
Ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria
Le prenotazioni sono individuali e si effettuano on line su pomiglianojazz.com.
Infoline 081 803 2810 | 333 9506712