Intervista a Francesco Villani,tocchi d’artista
Dopo l’esibizione dell’anno scorso, all’interno del quartetto di Marco Zurzolo, il pianista napoletano Francesco Villani si appresta il prossimo 20 settembre ad offrire al pubblico di Pomigliano Jazz 2013 una performance con il suo trio.
Lo abbiamo incontrato per raccogliere le sue sensazioni a pochi giorni dal concerto.
Che cosa dovrà aspettarsi il pubblico dal tuo concerto in trio a Pomigliano Jazz, in programma il prossimo 20 settembre?
Innanzitutto buona parte del mio ultimo lavoro discografico, “Il premio di consolazione”, pubblicato lo scorso settembre dalla EmArcy/Universal.
Il disco è stato preso molto a cuore da Onofrio Piccolo, direttore artistico di Pomigliano Jazz, e da tutto lo staff del Festival. Mi hanno dato una grande mano.
C’è un forte legame, oserei dire quasi una paternità di Pomigliano Jazz nei confronti del mio disco.
Non è un caso che questo è l’unico Festival al quale ho voluto partecipare durante il 2013.
Conservo dei bellissimi ricordi del Festival.
Durante la prima edizione, ebbi l’opportunità di ascoltare gratuitamente Herbie Hancock. Quello è un concerto che mi è rimasto impresso nella memoria.
Durante l’esibizione di Hancock, da giovanissimo musicista, pensai a quanto sarebbe stato bello un giorno poter essere protagonista di Pomigliano Jazz. Il sogno si è avverato, e quest’anno mi esibirò con una formazione e un progetto tutto mio.
Insomma, considero Pomigliano Jazz una bellissima realtà, un punto di riferimento, anche per quegli artisti locali che hanno l’opportunità di esprimersi nell’ambito di un evento che ha superato i confini italiani, affermandosi a livello internazionale.
Il trio è importante perché mette in luce tutti gli aspetti di un pianista: quelli compositivi, ma anche quelli concernenti la capacità di arrangiare il materiale sonoro.
Con il trio si può misurare la maturità di un’artista. Credo che il trio sia una bella macchina fotografica: se riascolto il mio modo di suonare in trio di dieci anni fa, mi ricordo esattamente com’ero. E forse per quello che la mia vita è stata in questo periodo, con la realizzazione del nuovo lavoro discografico, questo è il momento migliore per fotografarla.
Tutto ciò avviene a un anno dall’uscita del disco, con un po’ di cammino in più percorso e con qualche certezza in più: “Il premio di consolazione” è stato già presentato a Napoli al Teatro Trianon, ottenendo un grande successo anche in termini di pubblico. Per questo motivo affronterò il concerto di Pomigliano con più tranquillità e con un po’ più di consapevolezza.
Il concerto proporrà una formazione in trio diversa rispetto al disco: alla batteria Sergio di Natale e al contrabbasso Antonio De Luise. Sarà una bella sfida; riceverò nuovi stimoli e questa cosa mi entusiasma. Oltre ai brani del disco, presenterò anche qualche nuova idea, composta in quest’ultimo anno.
Sono completamente “malato” di canzoni. Durante l’ultimo anno più che dedicarmi al pianoforte, mi sono dedicato ad imparare a suonare la chitarra, solo per suonare canzoni! Durante i miei spostamenti, i miei concerti, porto sempre con me una chitarra; questo strumento tra l’altro ha anche un grandissimo significato affettivo, perché è la chitarra di mio padre (scomparso da dieci anni), musicista, collaboratore per tanti anni di Roberto De Simone.
L’avvicinarmi ad un nuovo strumento è una cosa che mi piace tantissimo, anche perché in questo modo ho la possibilità di affrontare la musica da neofita e riprendere l’aspetto ludico della musica, che mi mancava da tanto.
Dall’età di 4 anni, ho sempre affrontato la musica sul serio, in maniera professionale.
Per quanto riguarda Jesper Bodilsen, oltre a impreziosire il mio lavoro discografico con due sue composizioni, mi ha dato una grandissima mano negli arrangiamenti.
Jesper, pur essendo danese e, quindi, apparentemente lontano dal concetto di melodia presente nella canzone italiana, è riuscito ad affrontare brani come “Ritornerai” di Bruno Lauzi, in maniera personalissima, ma nel contempo senza stravolgere il significato e l’intensità melodica del famosissimo brano
All’epoca si componeva musica con i violini, le orchestre, la spinetta. Oggi si scrive con una tastiera, un Macintosh. Io ho lo stesso rispetto per la musica di Mozart e per la musica che fa Matthew Herbert, oppure la musica di tanti produttori, come Pharrell Williams, che si sono adattati a quello che si scrive oggi. In un episodio di “Guerre Stellari” c’è un accenno a come potrebbe essere la musica; ecco, quella sarà, secondo me, la musica del futuro, nella natura geniale di John Williams, che non ritengo assolutamente inferiore a Mozart. L’autore della colonna sonora di “Guerre Stellari”, arrangiata e orchestrata in quel modo, non ha niente da invidiare ai compositori cosiddetti “classici”, bensì ha solo da ringraziarli, perché sono venuti prima lui.
Un tuo parere sullo stato attuale della discografia, anche considerando la rapidità con cui evolvono i mezzi tecnici e i supporti su cui ascoltare la musica.Fortunatamente si è tornati alle esibizioni dal vivo; se sai suonare hai successo e riesci ad andare avanti. Io mi reputo molto fortunato perché durante i miei concerti vendo tanti dischi.
Parliamo del tocco, quel gesto che per un pianista è così importante. Mi incuriosiva l’elemento dell’ossessione che riconosce in te anche Roberto Saviano: “Francesco Villani lo riconosci da come tocca. Come tocca le cose. I tasti del piano e, attraverso di loro, timpani, sensazioni, respiro. Sembra che tutto Villani siano le sue dita […]” (Dalla prefazione del cd “Anime”). Forse un elemento che in qualche modo vi accomuna.Tocco significa prima di tutto suono. I musicisti li riesci a distinguere dal loro suono. Con i pianisti può sembrare più difficile ma non è così. Alcuni dischi registrati a due giorni di distanza, stessa etichetta, stesso pianoforte, stessa sala: Bill Evans e Thelonious Monk, suono completamente diverso.
Il tocco è il mio tocco. Ci sono persone che ascoltando il brano “Se ti avessi ora” del rapper Ntò, prodotto da e con la partecipazione di Enzo Avitabile, riconoscono la mia presenza sin dal primo accordo di piano. Mi piace molto questa cosa della riconoscibilità del suono. E il mio tocco va di pari passo con l’intensità dello sguardo, che cambia, muta, si arricchisse, si impregna, di anno in anno, di esperienza in esperienza, di giorno in giorno, di respiro in respiro, di sguardo incrociato in sguardo incrociato. Sono convinto che fra un anno non avrò l’intensità dello sguardo che ho adesso, non avrò il suono che ho adesso.
Ho intrapreso una collaborazione con il pianista Daniele Pozzovio, conosciuto sul set di un film che non è stato mai realizzato, il che rende il nostro incontro ancora più poetico. Io avrei dovuto interpretare il protagonista.
La collaborazione con Pozzovio ha creato un duo abbastanza inedito in Italia: due pianoforti, con un vasto repertorio che va dagli standard del jazz, ai classici della canzone italiana e pop internazionale, riletti in chiave jazz. Agli inizi di settembre ci siamo esibiti per la prima volta insieme a Roma, nell’ambito della Rassegna Jazz On Top.
Contemporaneamente sto componendo la colonna sonora per un documentario molto interessante, su tre atleti che non ci sono più. E chissà che magari utilizzerò parte di questo materiale musicale per incidere un nuovo lavoro!
I miei ultimi tre ascolti di oggi: “Firestarter” dei Prodigy, “Scary Monsters And Nice Sprites” di Skrillex e “Nannou” di Aphex Twin.Intervista a cura di Angelo Sciaudone – Sound Contest
foto di Giacomo Ambrosino GMPhotoagency
venerdì 20 settembre 2013 | ore 20:30
Parco delle Acque – Pomigliano d’Arco
ingresso gratuito