Guida all’ascolto di Vinicio Capossela
Viene facile associare la figura di Vinicio Capossela al personaggio di Ulisse e il suo straripante canzoniere all’Odissea. Molti aspetti psicologici e caratteriali come pure tante vicissitudini e avventure personali legano, infatti, l’eroe di Itaca al cantautore e compositore italiano nato ad Hannover il 14 dicembre 1965.
Vinicio Capossela: cantautorato istrionico ellenicamente modificato
Capossela è un artista votato al “mito” all’epos, come Ulisse uomo d’ingegno pratico, curioso insaziabile, pellegrino ed esploratore, visionario eroico del pentagramma ma ancor più rabdomante della parola, scopritore e al tempo stesso inventore di favole e storie.
Capossela è anche artista “anfibio”, diviso tra la necessità di cantare il mare (i suoi misteri, le sue creature, a capo di ciurme piratesche, scialuppe di salvataggio e intrepide baleniere) e quella di approdare a terra per trasformarsi in condottiero e portavoce di reietti e clandestini, contadini e cittadini, solitari e innamorati, santi, profeti e disgraziati.
Figlio di genitori originari dell’Irpinia (emigrati prima in Svizzera, poi Germania e alla fine ristabilitisi in Italia, più precisamente a Scandiano in provincia di Reggio Emilia), Capossela è stato come Ulisse uomo dai molti percorsi e dei rocamboleschi ritorni. Quelli reali dei suoi numerosi viaggi e quelli mentali della sua eccentrica immaginazione.
Abbandonati gli studi del conservatorio, inizia già ventenne a sbarcare il lunario nei modi più improbabili e fortuiti (si impiega come parcheggiatore, barista, suonatore di piano su navi, furgoni, in alberghi, night club di riviera e pub newyorkesi).
[highlight1]CONTINUA LA LETTURA CLICCANDO SUI TITOLI[/highlight1]Parte II: All'una e trentacinque circa
Parte III: Modì
Nella raccolta spiccano brani quali … E allora Mambo, Notte newyorkese, Ultimo amore, La regina del Florida e la stessa title track, all’insegna di citazioni colte, cronache di provincia, disincantato umorismo e struggente romanticismo.
Nel 1993 è insieme a Palo Rossi per firmare le musiche dello spettacolo teatrale “Pop e Rebelot” e contemporaneamente partecipa al disco tributo dedicato al grande chansonnier russo Vladimir Visotski, con il brano Il pugile sentimentale, destinato a diventare uno dei suoi cavalli di battaglia.
Parte IV: Camera A Sud
Intanto aumentano gli ingaggi, i concerti e la popolarità di Capossela aka Vic Damone, sempre più ispirato dal consolidamento e dalla ricerca delle proprie radici meridionali e mediterranee. Da tutto ciò salta fuori “il Ballo di San Vito” (1996), viaggio a ritroso nelle musiche popolari paesane e nelle tradizioni di luoghi reali e immaginifici situati a Sud e a Oriente. Per l’occasione il cast e gli apporti strumentali diventano ancor più stellari e internazionali, vista la partecipazione di Marc Ribot, Evan Lurie e di una nutrita squadra tra solisti e orchestrali.
Da questa esperienza (“non un disco, ma una vicenda”, come tiene sempre a ricordare e sottolineare il suo autore) affiorano in modo marcato amori, compagni e infatuazioni singolari, che portanpo i nomi di John Fante, Enzo Costantini, Annibal Troillo e Roberto Goyeneche, senza dimenticare l’onnipresente ombra guida di Tom Waits.
Da incorniciare in toto il repertorio del disco, dedicato “all’assenza di chi non c’era e alla memoria di chi c’era”, con pezzi dal contenuto umano, poetico-letterario e sonoro a dir poco incredibili quali Il ballo di San Vito, Morna, Tanco del murazzo, L’affondamento del Cinastic, Il Corvo Torvo, L’accolita dei rancorosi e Contrada Chiavicone.
Parte V: Live in Volvo
Disco ideale per apprezzare la verve improvvisativa e il trasformismo sul palco di Capossela come pure per farsi travolgere dalla cover emozionante di Estate di Bruno Martino e da versioni di brani già noti riarrangiati con gli ottoni tzigani e macedoni della Kocani Orkestar.
Parte VI: Canzoni a manovella
Oltre al consueto Marc Ribot, sono della partita anche altri illustri ospiti quali Pascal Comelade, Roy Paci e il soprano giapponese Mayumi Torikoshi, chiamati a rendere eterni e memorabili pezzi come Contratto per Karelias, Signora Luna, Decervellamento, Suona Rosamunda, Marajà, Con una rosa e Bardamù.
Gli anni seguenti sono dedicati a numerosi progetti collaterali: radiodrammi (una riduzione de “Il racconto di Natale” di Charles Dickens, “I cerini di Santo Nicola“), nuove collaborazioni musicali (“Renaissance” di Philippe Eidel, con accompagnamento di un ensemble di strumenti antichi) e un romanzo, “Non si muore tutte le mattine”, che darà origine ad una serie di reading spettacolo con musiche, videoproiezioni e teatro d’ombre.
Parte VII: Ovunque proteggi
Per Capossela rappresenta un’ulteriore svolta artistica e interpretativa, l’affondo, in diverse tracce, in sonorità più acide ed elettriche, truci e spigolose, mentre sul fronte narrativo si passa da scenografie mitiche e storiche (la truculenta Brucia Troia, in cui convivono il mito omerico e quello del Minotauro; la farneticante Al Colosseo; l’ironica Medusa cha cha cha) ad altre estremamente reali ma di lontana suggestione (la russa e technoide Moskavalza, l’orientale e mistica Lanterne Rosse).
Ulteriori gemme della scaletta (la biografica Dalla parte di Spessotto, S.S. dei Naugrafati – ispirata da “Moby Dick” di Melville e dalla “Ballata del vecchio marinaio”di Coleridge – la title track e l’arabeggiante Non trattare) fanno sì che il disco venga acclamato e ben recensito anche all’estero, sulle prestigiose pagine della testata britannica Mojo e su quelle dell’americana Rolling Stone.
Parte VIII: Da solo
A fronte di una moltitudine di temi e soggetti presi in esami dai testi delle canzoni (l’allegria e il dolore, l’amore e la guerra, il circo e il Natale e finanche i calzini che sono stati smarriti) quel che latita non è tanto il Capossela crooner e chansonnier quanto quello musicista e arrangiatore, adagiato sulla reiterazione di schemi, motivi e processi già proposti e investigati.
Se vi sono delle perle di eccentricità e originalità, atte a incrementare la copiosa lista dei cavalli di battaglia per i concerti, queste sono sicuramente In clandestinità, Sante Nicola e Lettere di soldati.
Parte IX: Marinai, profeti e balene
Leggendario, favolistico ed esistenziale fin dal titolo, “Marinai, profeti e balene” è un doppio album d’inediti colossale, un’opera “ciclopedica e fuori misura” sotto tutti i punti di vista, “la Marina Commedia di Vinicio Capossela” come il suo artefice tiene a precisare. Capossela è di nuovo Ulisse, inventa e immagina la propria odissea tra gli oceani e il bacino mediterraneo, dislocando fatti e personaggi tra superficie e abissi del mare. Registrato tra Ischia, Creta, Berlino, Milano e Capodistria, il disco è un pantagruelico “concept ” ispirato dal tema del “fato” e suddiviso in due tomi: il primo definito “oceano”, il secondo “omerico e mediterraneo”. In tale abbondanza di materiali (mitologici, storici, geografici e letterari), la visionarità e la lucidità del cantautore raggiungono il culmine della perfezione e dell’ambizione.
Agli scettici e ai detrattori che reputano il disco un farraginoso mattone, Capossella risponde con canzoni che sono un miracolo di levità e invenzione ricercata, sottoponendo anche la propria voce e la propria penna a inusitati esperimenti timbrici e onomatopeici.
Tra ballate piratesche e fiabesche, doo-wop in “sirenese”, liturgie mistiche e angiolesche, filastrocche celtiche, gighe medievali e blues ancestrali, affreschi esotici e brevi suite orchestrali, prendono vita brani e racconti affascinanti (Polpo d’amor, La bianchezza della balena, Lord Jim, Pryntil, Vinocolo, Goliath, Dimmi Tiresia, Calipso), eseguiti dal leader con uno stato maggiore internazionale di ospiti illustri (Marc Ribot, Greg Cohen, Mauro Refosco, Daniel Melingo e Antonis Xylouris) e il dispiego di un fenomenale arsenale strumentale.
Parte X: Rebetiko Gymnastas
Registrato in gran parte nel 2007 presso gli studi Sierra di Atene, il materiale della raccolta comprende otto brani già noti del repertorio caposelliano più quattro inediti tutti rivisitati e suonati secondo il canone tradizionale rebetiko. Un genere, il rebetiko, di cui Capossela s’era già invaghito e interessato da tempo, infilandolo di traverso in qualche traccia e passaggio dell’album “Canzoni a manovella”.
Incluso da Capossela nella grande categoria delle musiche dell’assenza (in buona compagnia del fado, della morna, della pizzica e del klezmer), il rebetiko è, nella tradizione musicale ellenica contemporanea, l’equivalente del blues afroamericano e del tango argentino. Musica di ribellione, protesta e disperazione, cantata e praticata sin dai primi anni Venti del Novecento nei bassifondi e nelle taverne della società greca, da gente disgregata ed emarginata all’indomani del conflitto greco-ottomano, desiderosa di narrare i propri disagi o le proprie disavventure.
Soggetti e temi peculiari del canone sono la povertà, la prigionia, l’amore, il disadattamento sociale, la prostituzione, trattati in modo passionale (triste e rabbioso, ironico o scherzoso) ed eseguiti con l’ausilio di strumenti caratteristici del genere quali bouzouki, chitarra, tzouràs, baglamas e violino. Abile come pochi nel comprendere gli ultimi e i perdenti, con quest’album Capossela riattualizza il valore di una nobile tradizione e il senso eterno di un’intera nazione, quella Grecia dal passato epico, colto e glorioso, oggi assurdamente sull’orlo del fallimento e di un deprecabile isolamento.
Con tale gesto olimpico, di sincera compartecipazione e profonda ammirazione, Capossela sottopone a una rigenerante catarsi estetica (modulata su un’ascetica ma ficcante cristallinità acustica) alcuni dei suoi più bei gioielli (Signora luna, Scivola va via, Contratto per Karelias, Contrada Chiavicone, Con Una Rosa, Non è l’amore che va via), intingendo, viceversa, nel liquore d’anice e nel sudore misto alla polvere di strada un bel poker di pezzi tra nuove composizioni (Rebetiko Mou) e libere interpretazioni (Abbandonato, Misirlou e Cancion de las simples cosas).
Tra gli artisti e solisti che accompagnano il leader in questo emozionante viaggio nei territori blues-folk della tradizione ellenica alcuni tra i più rinomati interpreti e specialisti del rebetico greco (Ntinos Chatziiordanou alla fisarmonica, Vassilis Massalas al baglamas, Socratis Ganiaris alle percussioni e Manolis Pappos al bouzuki) oltre a Mauro Pagani, Marc Ribot, Ricardo Pereira e a due pilastri storici delle formazioni di Capossela, ovvero il chitarrista Alessandro “Asso” Stefana e il contrabbassista Glauco Zuppiroli.
Parte XI: Le vie dei Santi - Pomigliano Jazz Festival 2012
“I santi sono nella cultura popolare una via di mezzo tra cielo e terra. Per noi uomini qui intenti a dibatterci in un destino ignoto che si rivela solo quando si è compiuto, come la coda della balena, che la comprendi solo quando ormai e’ passata. I Santi sono un po’ come degli intermediari a cui rivolgersi per una raccomandazione. Gente da cui attendersi un miracolo. Un incrocio tra rabdomanti, maghi e asceti.
Nella panoramica dei santi si riflette tutta l’antropologia umana, le casistiche. E si riproducono molti miti precristiani, divinità della terra poi rimpiazzate dalla chiesa a mezzo di culti personalizzati. Dunque le vie dei santi sono quelle che l’uomo percorre dall’inizio della sua avventura terrena per spiegare l’inspiegabile. Per raccomandarsi e per confortarsi.”
Parola di Vinicio. Amen!
Olindo Fortino – Sound Contest Music Magazine